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Un turno da paura. Racconti di infermieristica e ostetricia

Quattordici ore di dolore atroce

By Giugno 15, 2022Giugno 18th, 2022No Comments
ATTENZIONE: Questo contenuto non è adatto ai bambini e alle persone con fragilità emotiva.

Quattordici ore di dolore sono tante, è un’esperienza devastante e noi infermieri assorbiamo il dolore che provano i pazienti ma, fortunatamente, condividiamo anche il loro sollievo e le emozioni. Oggi raccontiamo il turno “da paura” vissuto da una collega nell’hospice di un ospedale romano. Una storia che ha lasciato il segno nel cuore di chi l’ha vissuta e ha scelto di condividerla.

Una notte di dolore

– Lavoravo in Hospice da pochi mesi e quel giorno facevo il turno di mattina, insieme ad un OTA. Appena arrivata, sentivo delle urla e mi sono avvicinata a Luigi, il collega del turno notturno, per sapere cosa stesse accadendo.

“Sediamoci che ti do le consegne. – disse con tono serioso – Mario è stato sveglio tutta la notte. Ha moltissimo dolore perché non riesce più ad urinare. Il suo tumore alla prostata è cresciuto e preme sull’uretra. Abbiamo tentato più volte di inserire varie tipologie di catetere vescicale, ma non ci siamo riusciti. Infine il medico ha ordinato di somministrare doppia dose di morfina, ma soffre ugualmente.”

Molti di noi, nella vita, hanno provato, almeno una volta, la sensazione di dover urinare nell’impossibilità di poterlo fare. E’ molto fastidioso e, dopo un po’, diventa un dolore insopportabile.

 Quattordici ore di dolore, nonostante la morfina

In Hospice chiamiamo i pazienti per nome, sono pochi e spesso restano con noi per molti mesi, per questo si crea con loro un rapporto speciale. Io avevo tre anni di esperienza in chirurgia urologica, quindi ero certa che Mario potesse essere aiutato ad urinare, ad esempio con un cateterismo sovrapubico. Per questo m’ infuriai e chiesi spiegazioni al collega:

  • “E’ inutile riempirlo di antidolorifici se deve urinare! Permettere la minzione fa parte delle cure palliative, ed è nostro dovere.” Il collega mi rispose che era assolutamente d’accordo con me e ne aveva parlato con il medico il quale, però, non era esperto in cure palliative e non riteneva opportuno intervenire.

Quel turno di mattina è stato per me uno dei più lunghi e difficili. Mario urlava tutto il tempo ed io sapevo che potevo aiutarlo ad urinare ma non sapevo come. Mi ero scagliata con rabbia contro il medico, spiegando che doveva richiedere una consulenza urologica urgente. Ma il dottore diceva che la consulenza rappresentava un costo e, fin’ora, non era mai stata chiesta per un paziente dell’hospice.

  • “I pazienti in hospice attendono la morte ma noi dobbiamo garantire una morte serena e, in questo modo, stiamo venendo meno al nostro dovere!” Risposi così nell’indifferenza del medico che si allontanò.

La soluzione in pochi minuti

Quando arrivò Luca, il collega del pomeriggio, presentai subito il problema e chiesi aiuto per risolverlo. Luca rispose serafico:

  • “Ci penso io a Mario, puoi andare a casa tranquilla.”
  • “In che modo risolvi il problema? Chiamerai un urologo?”
  • “Non chiamerò nessuno. Sono certo di poter aiutare Mario. Tu vai a casa tranquilla.”
  • “Eh no, non vado a casa finché non vedo Mario sereno. Fammi vedere come risolvi.”

Luca prese un catetere vescicale ed io gli spiegai che, per tutta la notte, avevano tentato di inserirlo senza riuscirci. Ma lui era impassibile: “Ci penso io.” Allora dissi: “Fammi fare qualcosa, perché voglio imparare.”

 Sapere e saper fare

    Immagine 2: uretra ostruita da cancro alla prostata.

“La prostata del signor Mario è poggiata sopra l’uretra e con il suo peso la blocca (Immagine 2), noi possiamo sollevare la prostata e permettere il passaggio del catetere. Sceglieremo un catetere semirigido in modo che non verrà schiacciato dal peso della prostata. Tu cosa vuoi fare: sollevare la prostata oppure inserire il catetere?”

“Di cateteri ne ho inseriti tanti, invece la prostata non l’ho mai sollevata e voglio imparare a farlo.”

“Ok allora, quando te lo dirò io, dovrai infilare due dita nell’ano di Mario. Il palmo della mano dovrà essere rivolto verso l’alto. A quel punto sentirai una palla: è la prostata e dovrai spingerla verso l’alto. Io, in quel momento infilerò il catetere. Sei pronta?”

“Si.”

La gioia condivisa

Questa procedura fu davvero semplice, durò pochi istanti e subito Mario iniziò ad urlare per il sollievo, ringraziandoci a gran voce. In quel momento avvertii una sensazione piacevole al centro del torace: era una gioia fisica incredibile. A quel punto avevo i guanti sporchi nelle mani e tanta fretta di andare a casa dai miei figli. Mi avvicinai a Luca e lo ringraziai con un bacio sulla guancia. Poi tornai a casa felice: il paziente non soffriva più.

Mario aveva cinquant’anni, un tumore al cervello ed uno alla prostata. Era perfettamente cosciente e consapevole. E’ morto il giorno dopo il nostro intervento. Se n’è andato senza dolore, grazie a Luca, un infermiere intelligente ed esperto, con anni di lavoro all’estero e numerosi titoli accademici. Luca era stato messo in hospice per punizione: la sua intelligenza, e l’entusiasmo per il lavoro, aveva dato fastidio a un sindacalista generalista che, non essendo infermiere, pensava di poter punire un collega mandandolo a lavorare in hospice. Per Luigi non era stata una punizione: ovunque lavorava, metteva le sue competenze al servizio delle persone. Noi infermieri assorbiamo il dolore che provano i pazienti, ma anche il sollievo e la loro gioia. Ricordando questo evento ho ancora i brividi e le lacrime agli occhi: questo significa essere infermiere.

Raccontaci il tuo turno da paura

In questa rubrica raccontiamo storie vere di assistenza infermieristica. Racconti spesso sconvolgenti. Tuttavia questi racconti descrivono una minima parte di quello che è il nostro lavoro: una professione bellissima, ma piena di paure e incertezze e poco valorizzata dalla società. Se sei un infermiere di Roma e provincia, raccontaci il tuo turno “da paura” scrivendo a comunicati@nursindroma.net